Due mesi sono passati in fretta, troppo pochi per riuscire a capire, abbastanza per rendermi conto. È arrivato il momento di rientrare: saluto i bambini del centro dei quali non riesco mai a pronunciare il nome. Per l’ultima volta tengo fra le braccia la neonata che ho cullato per una intera notte in ospedale, quando la morte voleva prenderla con sé. Abbraccio la donna cieca dalla quale ho imparato molto, e la lascio con una promessa: “non so come, ma in un qualche modo vi aiuterò” …
Estratto dal diario di Daniela Abruzzi, durante la prima visita al progetto Hagar in Cambogia nel 1995.
Un anno più tardi è nata ABBA.
